Introduzione
Elaboratori per bambini
Solo qualche anno fa, la gente riteneva gli elaboratori dei
marchingegni costosi e poco familiari. I loro usi commerciali e industriali concernevano i
comuni mortali, ma nessuno immaginava che sarebbero entrati a far parte della vita
quotidiana. Questa visione delle cose e mutata rapidissimamente e in un modo spettacolare:
il pubblico ha ben presto accettato la realta dell'elaboratore personale, abbastanza
piccolo ed economico da trovare il suo posto in una qualsiasi stanza, se non in ogni
tasca. L'apparizione delle prime macchine del genere, alquanto primitive, fu sufficiente a
scatenare l'immaginazione dei giornalisti e a produrre una marea di articoli su come
sarebbe stata la vita in un mondo futuro popolato da elaboratori. Il principale argomento
di questi articoli era cio che il pubblico sarebbe stato capace di fare con gli
elaboratori. La maggioranza degli autori enfatizzava l'uso degli elaboratori per i giochi,
per il divertimento, per calcolare le tasse, per la posta elettronica, per acquisti e
operazioni bancarie. Pochi ravvisarono nell'elaboratore una macchina per insegnare.
Anche questo libro pone l'interrogativo di cio che si farà
con gli elaboratori, ma in un modo ben diverso. Mi soffermerò a considerare come gli
elaboratori possono influenzare il nostro modo di pensare e apprendere. Inizio col
precisare la mia prospettiva, sottolineando una distinzione tra le due maniere in cui gli
elaboratori potrebbero arricchire il pensiero e modificare i modelli di accesso alla
conoscenza.
Gli usi strumentali dell'elaboratore nell'aiutare la gente a
pensare, li abbiamo visti in opera nella fantascienza. Per esempio, come sanno i milioni
di appassionati di << Star Trek >>, la nave spaziale Enterprise e equipaggiata
con un elaboratore che fornisce risposte veloci e precise ai problemi complessi che gli si
pongono. Ma in << Star Trek >> non c'e nessun tentativo di suggerire che gli
esseri umani a bordo possano pensare in modi molto diversi da quelli degli uomini del XX
secolo. Il contatto con l'elaboratore, per quanto ci e permesso di vedere in tali episodi,
non ha modificato il modo di ragionare di questi umani, né il modo di affrontare i
problemi, né l'opinione che essi hanno di se stessi. In questo libro esaminerò come la
presenza dell'elaboratore potrebbe contribuire ai processi mentali, non solo in quanto
strumento, ma in maniera piu profonda, piu essenziale, influenzando il nostro modo di
pensare, anche quando siamo fisicamente lontani da un elaboratore (proprio come gli
ingranaggi davano forma all'algebra nella mia testa, sebbene non fossero presenti
nell'aula di matematica). Io parlerò della fine di una cultura che rende la scienza e la
tecnologia aliene alla grande maggioranza della gente. Molte barriere culturali
impediscono ai bambini di impossessarsi della conoscenza scientifica. Tra queste barriere
le piu evidenti sono costituite dagli effetti fisicamente brutali della deprivazione e
dell'isolamento. Altre sono di carattere piu politico. Molti bambini che vivono nelle
nostre citta sono circondati dai prodotti della scienza, ma hanno buone ragioni per
considerarli come appartenenti «agli altri»; in diversi casi sono percepiti come
se appartenessero ai nemici della societa. Ci sono ancora altri ostacoli piu astratti,
sebbene in definitiva dello stesso tipo. Moltissimi settori della piu sofisticata cultura
moderna d'Europa e degli Stati Uniti sono così «matofobici» che tanti bambini
privilegiati sono di fatto, anche se con buone maniere, tagliati fuori dalla possibilita
di appropriarsi della scienza. Nella mia visione del futuro, oggetti dell'era spaziale, in
forma di piccoli elaboratori, attraverseranno queste barriere culturali per entrare
ovunque nei mondi privati dei bambini, e non come semplici oggetti materiali. Parlerò del
ruolo che gli elaboratori avranno in quanto portatori di idee feconde e di semi d'un
cambiamento culturale, dimostrero come essi possono aiutare la gente a stringere nuove
relazioni col sapere, abbattendo le frontiere tradizionali che separano le scienze umane
dalle scienze pure e la conoscenza di se da entrambe queste. Descriverò ancora come l'uso
degli elaboratori possa sfidare le attuali opinioni su chi puo capire che cosa e a quale
età, e mettere in dubbio le comuni certezze in psicologia dell'eta evolutiva e in
psicologia delle attitudini e degli atteggiamenti. Esaminerò se gli elaboratori
individuali e la cultura in cui sono usati continueranno ad essere le creature degli
«ingegneri» o se noi possiamo costruire ambienti culturali in cui, coloro i
quali oggi si considerano «umanisti», si sentano a proprio agio, non estranei al
processo di elaborazione di culture informatiche.
Ma c'e un mare di differenze tra cio che gli elaboratori
possono fare e cio che la societa scegliera di fare con essi. La societa ha svariati modi
per resistere a cambiamenti fondamentali e minacciosi. Percio questo libro analizza le
scelte che saranno affrontate, che in definitiva sono scelte politiche. Esso considera
alcune delle forze di cambiamento e di reazione che sono chiamate in gioco, non appena la
presenza dell'elaboratore s'introduce nel mondo dell'educazione, peraltro carico di
implicazioni politiche.
Un'ampia parte del libro ha lo scopo di presentare immagini
di un possibile ruolo dell'elaboratore, alquanto differenti dagli stereotipi attuali.
Tutti noi, professionisti e inesperti, dobbiamo consapevolmente rompere con le abituali
considerazioni riguardo all'elaboratore. L'informatica e ancora nella sua prima infanzia.
il difficile pensare agli elaboratori del futuro senza proiettarvi le qualita e i limiti
di quelli che noi immaginiamo di conoscere oggi. E ciò e tanto piu vero nell'immaginare
come gli elaboratori possono entrare nel mondo dell'educazione. Non
e giusto dire che l'immagine che io svilupperò qui della relazione bambino-elaboratore va
al di là di quella che si puo vedere nelle scuole di oggi. La mia immagine non va al di
là: va nella direzione opposta.
In molte scuole oggi, l'espressione «istruzione con
l'ausilio dell'elaboratore >> significa che l'elaboratore e usato per insegnare al
bambino. Si potrebbe dire che l'elaboratore e usato per programmare il bambino. Nella mia
visione delle cose il bambino programma l'elaboratore e, cosl facendo, acquista nello
stesso tempo il senso di padroneggiare un elemento della piu moderna e potente tecnologia,
e stabilisce un contatto intimo con alcune delle piu profonde idee della scienza, della
matematica, e dell'arte di costruire modelli intellettuali. Descriverò per quali vie
centinaia di bambini sono diventati dei programmatori davvero sofisticati. Una volta che
la programmazione è vista nella corretta prospettiva, non c'e da meravigliarsi che cio
accada. Programmare un elaboratore non significa altro che comunicare con esso in un
linguaggio che sia esso che chi lo usa possono "comprendere". E imparare i
linguaggi e una delle cose che i bambini fanno meglio. Ogni bambino normale impara a
parlare. Perchè allora un bambino non dovrebbe imparare a parlare con l'elaboratore?
Ci sono molte ragioni per cui si potrebbe pensare che è difficile. Per esempio, sebbene i
bambini imparino a parlare la lingua materna con spettacolare immediatezza, la maggior
parte di loro ha grandi difficoltà ad apprendere le lingue straniere a scuola, e in
verità impara spesso con scarso successo a esprimersi per iscritto nella propria lingua. Impadronirsi del linguaggio di un elaboratore non e piu simile al
difficile processo di apprendimento di una lingua straniera scritta che a quello facile di
imparare a parlare la propria lingua? E il problema non e ancor piu appesantito da
tutte le difficolta che la maggior parte delle persone incontra nell'imparare la
matematica?
Due idee fondamentali percorrono
questo libro. La prima e che e possibile progettare degli elaboratori in modo che
comunicare con loro puo essere un processo naturale, molto piu simile all'imparare il
francese vivendo in Francia, che al tentare di impararlo con l'innaturale processo di
lezioni di lingua straniera praticate nelle classi. La seconda e che imparando a
comunicare con un elaboratore puo cambiare il modo di apprendere. L'elaboratore puo
parlare un linguaggio matematico e alfabetico. Noi ora stiamo imparando come costruire
elaboratori con i quali i bambini amino comunicare. Quando questa comunicazione avviene, i
bambini apprendono la matematica come una lingua viva. Inoltre la comunicazione matematica
e la comunicazione alfabetica si trasformano da cose estranee e quindi difficili in cose
naturali e facili. L'idea di "parlare matematica" a un elaboratore puo essere
generalizzata nell'idea di parlare matematica in "Matelandia";
il che e come imparare il francese in Francia. In questo libro la metafora Matelandia sara
usata per mettere in dubbio le certezze profondamente radicate relative alle abilità
umane. In genere si ritiene che i bambini non possano accostarsi alla geometria se non a
scolarizzazione avanzata e molti di loro anche allora, non la imparano troppo bene. Ma
possiamo subito vedere che queste affermazioni sono basate su un'evidenza estremamente
debole ponendoci analoghi interrogativi sull'abilità dei bambini nell'apprendere il
francese. Se dovessimo fondare le nostre opinioni sugli scarsi risultati ottenuti dai
bambini che imparano il francese a scuola, potremmo concludere che molte persone sono
state incapaci di impararlo. Ma sappiamo che tutti i bambini normali lo apprenderebbero
facilmente se vivessero in Francia. La mia congettura e che molto di quello che noi
consideriamo troppo " formale " o "troppo matematico" si acquisirà
facilmente quando i bambini cresceranno in un mondo del prossimo futuro ricco di
elaboratori.
Io mi servo di questa analisi dei nostri rapporti con la
matematica quale esempio particolare di come i processi tecnologici e sociali
interagiscono nella costruzione delle idee sulle capacita umane. E gli esempi matematici
aiuteranno anche a illustrare una teoria su come l'apprendimento procede o fallisce.
Ricorro a Jean Piaget ' per il modello secondo il quale i
bambini sono essi stessi costruttori delle loro strutture intellettuali. Sembra che i
bambini abbiano un dono innato per imparare, poiche molto tempo prima di andare a scuola
accumulano una gran quantita di conoscenze mediante un processo che io definisco
"apprendimento piagetiano" o "apprendimento senza insegnamento". Per
esempio i bambini apprendono a parlare, apprendono la geometria intuitiva necessaria a
muoversi nello spazio, e apprendono quel tanto di logica e di retorica per raggirare i
loro genitori, e tutto questo senza che nessuno gliel'abbia "insegnato".
Dobbiamo chiederci perche certi apprendimenti hanno luogo così presto e spontaneamente,
mentre qualche altro è ritardato di molti anni o non si realizza affatto, se non
attraverso un'istruzione formale volutamente imposta.
Se in realta consideriamo il "bambino come
costruttore" ci avviciniamo alla risposta. Tutti i costruttori hanno bisogno di
materiali con cui costruire. La dove io sono in disaccordo con Piaget e nel ruolo che io
attribuisco alle culture circostanti in quanto fonte di questi materiali. In taluni casi
la cultura li fornisce in abbondanza, facilitando cosl l'apprendimento costruttivo
descritto da Piaget. Il fatto, per esempio, che molte cose importanti (coltelli e
forchette, madri e padri, scarpe e calze) si presentano in coppia, è un
"materiale" per la costruzione di un'intuitiva nozione del numero.
Ma più di un caso in cui Piaget spiegherebbe lo sviluppo più lento di un particolare
concetto con la sua più grande complessità o formalità, io vedo il fattore decisivo
nella relativa povertà della cultura riguardo a quei materiali che renderebbero quel
concetto semplice e concreto. In altri casi ancora la cultura può fornire materiali ma
bloccarne l'uso. Nel caso della matematica formale c'è sia penuria di materiali formali
che un blocco culturale. La matofobia endemica della cultura contemporanea impedisce ad un
gran numero di persone di apprendere qualsiasi cosa che essi considerano
"matematica", benchè non abbiano alcuna difficoltà ad impadronirsi del sapere
matematico non percepito come tale.
Vedremo in seguito, a più riprese, che le conseguenze della matofobia non ostacolano solo
l'apprendimento della matematica e delle scienze. Esse interagiscono con altre endemiche
"tossine culturali", fra cui le popolari teorie sulle attitudini, contaminando
l'immagine che più di una persona si fa delle proprie capacità di allievo. La
difficoltà con la matematica scolastica è spesso il primo passo del diffondersi di un
processo intellettuale che ci induce a definire noi stessi come una somma di attitudini e
di inettitudini: siamo "matematici" o "non
matematici","artistici" o "non artistici", "musicali" o
"non musicali", "profondi" o "superficiali",
"intelligenti" o "sciocchi". Così le nostre insufficienze diventano
la nostra identità e tutto l'apprendimento ne è marcato, dalla iniziale libera
esplorazione del mondo verso cui un bambino si lancia, fino ad un lavoro assillato da
insicurezze e da restrizioni autoimposte.
Due temi principali hanno modellato il mio piano di ricerca
sugli elaboratori e sull'istruzione: che i bambini possono imparare a usare gli
elaboratori con piena competenza, e che questo apprendimento puo cambiare il modo in cui
essi impareranno qualunque altra cosa. Nei dieci anni passati ho avuto la fortuna di
lavorare con un gruppo di colleghi e ricercatori al MIT (il gruppo LOGO 2 del
Laboratorio di Intelligenza artificiale) per creare ambienti dove i bambini possono
apprendere a comunicare con gli elaboratori. L'idea di imitare il modo naturale in cui i
bambini imparano a parlare ha sempre ispirato il nostro lavoro e ha portato a una visione
dell'istruzione e della ricerca pedagogica di gran lunga differente da quella
tradizionale. Per i professionisti dell'istruzione, la parola "educazione" evoca
quella di "insegnamento", in particolare insegnamento scolastico. L'obiettivo
della ricerca pedagogica tende perciò a essere focalizzato su come migliorare
l'insegnamento scolastico. Ma se, come ho prima rilevato, il modello di un apprendimento
riuscito e il modo in cui il bambino impara a parlare, processo che avviene senza un
insegnamento predeterminato e organizzato, l'obiettivo posto e molto differente. Io vedo
la classe come un ambiente di apprendimento artificiale e inefficiente, forzatamente
inventato dalla societa perchè i suoi ambienti informali mancano di essenziali settori
del sapere, quali la scrittura, la grammatica o la matematica scolastica. Io credo che la presenza dell'elaboratore ci permettera di modificare
così profondamente l'insieme del sapere all'esterno delle aule scolastiche, che gran
parte, se non tutte, le conoscenze che oggi le scuole cercano di impartire con tanta
fatica, spesa e limitato successo, saranno apprese, così come il bambino impara a
parlare, senza sofferenza, con pieno successo e senza un'istruzione organizzata. Questo implica ovviamente che le scuole come noi oggi le conosciamo non ci
saranno piu. Ma e una questione aperta se le scuole si adatteranno trasformandosi in
qualcosa di nuovo, o se spariranno e saranno sostituite da qualcos'altro.
Anche se la tecnologia avrà un ruolo essenziale nella
realizzazione della mia visione del futuro dell'educazione, il mio
interesse primario non è la macchina, ma la mente, e soprattutto il modo in cui si
definiscono e crescono i movimenti intellettuali e le culture. Il vero ruolo che io
attribuisco all'elaboratore è quello di portatore di "germi" o
"semi " culturali i cui prodotti intellettuali non necessiteranno di un supporto
tecnologico una volta che essi abbiano messo radici in una mente in attivo sviluppo. Molti
se non tutti i bambini che crescono con un amore e un'attitudine per la matematica lo
devono, almeno in parte, al fatto che è capitato loro di acquisire i
"germi" della "cultura matematica" dagli adulti che, si può dire,
sapevano parlare matematica, anche se solo nel modo in cui Moliere ha rappresentato M.
Jourdain che parla in prosa senza saperlo. Questi adulti "mateloquenti" non
sanno risolvere necessariamente le equazioni; essi hanno, piuttosto, uno stile mentale che
traspare nella logica dei loro ragionamenti e nei giochi che prediligono: rompicapi,
giochi di parole e paradossi. Tra i bambini recalcitranti alla matematica e alle
discipline scientifiche, ce ne sono molti vissuti in ambienti relativamente poveri di
adulti mateloquenti. Questi bambini arrivano a scuola privi degli elementi necessari per
apprendere facilmente la matematica scolastica. La scuola e incapace di fornire questi
elementi mancanti e, forzando i bambini a un apprendimento destinato all'insuccesso,
genera una potente reazione di rigetto nei confronti della matematica, e forse di tutto
l'apprendimento in generale. Così s'instaura un circolo vizioso che si autoalimenta. Ci
sara un giorno in cui questi stessi bambini saranno genitori che non solo non potranno
trasmettere dei germi matematici, ma quasi certamente contamineranno i loro figli con i
germi contrari, e intellettualmente distruttivi, della matofobia.
Fortunatamente e sufficiente spezzare il circolo vizioso in
un punto perche rimanga interrotto per sempre. Io mostrero come gli elaboratori potrebbero
permetterci di realizzare ciò senza creare una dipendenza dalla macchina. La mia
discussione differisce dalla maggior parte degli argomenti propri alla disputa
"innatismo-ambientalismo" in due punti. Saro molto più preciso sia su quali
tipi di educazione sono necessari per lo sviluppo intellettuale, sia su che cosa si puo
fare per creare una tale educazione in seno alla famiglia, come pure nel piu ampio
contesto sociale.
Così questo libro tratta di come una cultura, un modo di
pensare, un'idea penetri in una mente giovane. Io diffido dal trattare troppo
astrattamente questi problemi e mi atterrò qui ad un campo particolarmente ristretto;
infatti mi concentrerò su quegli itinerari del pensiero che conosco meglio, cominciando
ad esaminare ciò che io so sul mio personale sviluppo. E con tutta umilta che faccio
questo, senza pormi assolutamente come modello. Io penso che il modo
migliore per comprendere il processo di apprendimento e innanzitutto capire casi
specifici, ben scelti, prima di passare alla generalizzazione. Non si può
riflettere seriamente sull'atto del pensare senza riflettere sul pensare a qualcosa. Cio
su cui io so pensare meglio e la matematica. Quando in questo libro parlo di matematica,
non penso di rivolgermi a un uditorio di matematici interessati alla matematica per
passione personale. Il mio interesse e per gli esiti universali dei modi di pensare e di
imparare a pensare della gente.
Quando ricostruisco come sono diventato un matematico, io ci
vedo molto di mio, molto che non potrebbe essere riprodotto in una prospettiva generale di
riforma educativa. E certamente non penso che tutti debbano diventare matematici, ma penso
che il genere di piacere che io provo nella matematica dovrebbe inserirsi in una visione
generale di cio che dovrebbe essere l'educazione.
Se noi riusciamo ad afferrare l' essenza delle esperienze di
un'altra persona, diventa possibile riprodurne i risultati per altre vie, e in particolare
questo risultato di scoprire la bellezza nelle cose astratte. E così mi dilungherò un
po' a parlare di matematica. Mi scuso con i lettori che odiano la matematica, ma mi offro
di aiutarli ad amarla - o almeno a cambiare la loro idea su cio che è il "parlare
matematica".
Nella premessa di questo libro ho descritto come gli
ingranaggi hanno aiutato le idee matematiche ad entrare nella mia vita. Numerose qualità
hanno contribuito alla loro efficacia. In primo luogo essi facevano parte del mio
"paesaggio" naturale, appartenevano intimamente alla cultura del mio ambiente.
Ciò ha reso possibile che io li scoprissi da solo e mi mettessi in relazione con loro a
modo mio. In secondo luogo gli ingranaggi facevano anche parte del mondo degli adulti che
mi circondava e attraverso essi io potevo entrare in relazione con queste persone. In
terzo luogo il mio corpo stesso poteva aiutarmi a comprendere gli ingranaggi; io potevo
capire la rotazione degli ingranaggi, immaginando il mio corpo girare. Io potevo
richiamarmi alla mia esperienza concreta, alla mia "conoscenza corporea" per
riflettere sul sistema degli ingranaggi. Ed infine, poiche realmente la relazione tra gli
ingranaggi contiene una gran quantita d'informazioni matematiche, questi ingranaggi hanno
potuto servirmi d'introduzione ai sistemi formali. Ho descritto il modo in cui gli
ingranaggi mi sono serviti come "oggetti-per-pensare". Io li ho utilizzati in
questo senso nel mio personale sviluppo quale matematico. Gli ingranaggi mi sono stati
utili anche come "oggetti-per-pensare" nel mio lavoro di ricerca pedagogica. Il
mio scopo e stato disegnare degli altri oggetti che i bambini potessero fare loro, da soli
e alla loro maniera. Buona parte di questo libro descriverà il mio cammino attraverso
questo genere di ricerca. Incomincerò col descrivere un esempio di elaborazione di un
"oggetto-per-pensare": è la "Tartaruga".
Il ruolo centrale della Tartaruga in questo libro non
significa affatto che io la propongo come panacea per risolvere - tutti i problemi
dell'educazione. Io la vedo semplicemente come un valido strumento d'educazione, ma il suo
ruolo principale e di servire da modello per altri oggetti, ancora da inventare. Cio che
mi interessa e il processo d'invenzione degli "oggetti-per-pensare", oggetti in
cui coesistono una presenza culturale, un sapere incorporato, e la possibilita d'una
identificazione personale.
La Tartaruga e un animale cibernetico controllato
dall'elaboratore. La si trova nelle miniculture cognitive dell' "ambiente LOGO"
essendo LOGO il linguaggio dell'elaboratore che permette di comunicare con la Tartaruga.
La Tartaruga non ha altra funzione che quella di prestarsi come oggetto per programmare e
col quale pensare. Alcune Tartarughe sono oggetti astratti che vivono su schermi di
elaboratore. Altre, come la Tartaruga da pavimento riprodotta nella copertina, sono
oggetti concreti che si puo imparare a manovrare come un qualsiasi gioco meccanico. I1
primo incontro spesso avviene col mostrare al bambino come la Tartaruga puo essere mossa
componendo gli ordini su una tastiera. AVANTI 100 fa avanzare la Tartaruga in linea
diritta di 100 passi di Tartaruga di circa un millimetro ciascuno. DESTRA 90 fa ruotare
sul posto la Tartaruga di 90 gradi. Se si compone PENNAGIU, la Tartaruga abbassa una punta
di pennaa che lascerà una traccia visibile del suo percorso, mentre PENNASU ordina di
alzare la penna. Certamente il bambino ha bisogno di esplorare a lungo prima di
raggiungere la padronanza del significato dei numeri. Ma l'esercizio e così avvincente da
trascinare molti bambini in questo processo di apprendimento.
L'idea di programmazione e introdotta tramite la metafora
d'insegnare alla Tartaruga una nuova parola. Questa e un'operazione semplice, e i bambini
spesso durante la loro prima esperienza di programmazione cominciano programmando la
Tartaruga a rispondere a nuovi comandi inventati da loro stessi, quali per esempio
QUADRATO o TRIANGOLO ovvero QD o TRI o una qualsiasi cosa che il bambino desideri,
eseguendo il disegno nella forma richiesta. I nuovi comandi, una volta stabiliti, possono
essere usati per definirne altri. La casa della Fig. 1, per esempio, e composta da un
triangolo e un quadrato; il programma per disegnarla consiste dunque nel dare i comandi
del disegno di un quadrato o di un triangolo.
Un bug |
...E un compromesso |
figura 1 |
 |
 |
 |
per casa
quadrato
triangolo
fine |
per casa
quadrato
sinistra 60
triangolo
fine |
per casa
destra 90
quadrato
sinistra 60
triangolo
fine |
La Fig. 1 mostra quattro tempi dell'evoluzione di questo
programma. Da questi semplici disegni il giovane programmatore puo procedere in numerose
altre direzioni. Certi lavorano a dei disegni piu complessi, figurativi o astratti, altri
abbandonano l'uso della Tartaruga come strumento di disegno e imparano ad usare i suoi
sensori per programmarla a ricercare o a evitare degli oggetti.In seguito i bambini
apprendono che l'elaboratore puo essere programmato per fare musica come pure per muovere
le Tartarughe e combinare le due attivita, programmandole per la danza. Oppure essi
possono passare dalle Tartarughe da pavimento alle "Tartarughe da schermo", che
essi programmano per tracciare figure in movimento a colori brillanti.
Gli esempi sono infinitamente vari, ma in ognuno il bambino impara a esercitare un
controllo su un "micromondo" eccezionalmente ricco e sofisticato.
Per i lettori che non hanno mai visto una dimostrazione
interattiva di un elaboratore e dilficile immaginare dove tutto questo puo condurre. Come
esercizio mentale, essi potrebbero divertirsi a immaginare un album da disegno
elettronico, un elaboratore esecutore di grafica di un non troppo lontano futuro. Si
tratta di uno schermo televisivo che puo presentare immagini mobili a colori, sul quale e
anche possibile "disegnare", dandogli delle istruzioni, sia su tastiera, sia
oralmente, o puntando una bacchetta. A richiesta, una tavolozza di colori potrebbe
apparire sullo schermo. Si puo scegliere un colore indicandolo con la bacchetta. Se non si
cambia questa scelta, la bacchetta continua a disegnare in quel colore. Fino a questo
punto la differenza con i materiali tradizionali di un artista puo sembrare minima, ma
diventa notevole quando si comincia a pensare di elaborare il disegno. Si è in grado di
parlare al proprio disegno nel linguaggio dell'elaboratore. Gli si puo dire di sostituire
un colore con l'altro; o di mettere in movimento un disegno; o di raddoppiarlo facendo
ruotare le due copie in senso inverso; oppure si puo ancora sostituire la serie di colori
con una serie di suoni e "disegnare" un brano di musica. Si puo conservare il
proprio lavoro nella memoria dell'elaboratore per ritrovarlo quando lo desideriamo, o
trasmetterlo nella memoria di uno dei milioni di altri elaboratori collegati alla rete di
comunicazione centrale, per il piacere degli amici.
Inutile dire che questo sarebbe divertente. Ma dire
divertente non basta. Al di la del semplice gioco, siamo di fronte a delle modalita di
apprendimento ricche di potenzialita. I bambini indaffarati intorno a un gioco elettronico
apprendono un linguaggio per parlare di forma, di cambiamento di forma, di velocita e di
qualita di cambiamento, di processi e di procedure. Essi apprendono a parlare matematica,
e ad acquisire una nuova immagine di se stessi come matematici. Nella mia descrizione di
bambini al lavoro con le Tartarughe ho lasciato intendere che i bambini possono imparare a
programmare. Questa affermazione potrebbe indurre alcuni lettori a quella sospensione
dell'incredulita che si richiede quando si entra in un teatro. Per loro programmare e una
abilita complessa e monetizzabile, acquisita soltanto da alcuni adulti dotati per la
matematica. Ma la mia esperienza è alquanto differente. Io ho visto centinaia di allievi
della scuola elementare imparare a programmare con estrema facilita, e ho delle buone
ragioni per dire che bambini molto più piccoli potrebbero fare altrettanto. I bambini cui
mi riferisco non hanno niente di eccezionale, o piu esattamente, essi sono eccezionali in
tutte le maniere possibili, presi uno per uno, come ogni essere e eccezionale: certi
riuscivano bene a scuola, altri avevano delle difficolta di ordine emotivo o cognitivo.
Certi erano affetti da paralisi cerebrale profonda, a tal punto da non avere mai
manipolato oggetti fisici con uno scopo. Certi avevano manifestato il loro dono innato per
la "matematica", altri per il linguaggio "verbale" , o
"visivo" o "musicale".
¶ Naturalmente questi bambini non hanno raggiunto nella
programmazione quella disinvoltura che essi hanno nella lingua parlata. Se riprendiamo la
metafora del soggiorno in Matelandia, la loro esperienza con gli elaboratori e stata piu
simile all'imparare il francese trascorrendo una o due settimane di vacanza in Francia di
quanto non fosse simile al viverci. Pertanto, come i bambini che hanno trascorso una
vacanza con dei cugini di lingua straniera, essi avevano certamente incominciato a
"parlare elaboratore" .
Quando rifletto su queste esperienze, sono colpito da due
chiare impressioni. La prima e che, in circostanze favorevoli, tutti i bambini possono
acquisire una competenza nella programmazione che rappresenterebbe una delle tappe
principali del loro sviluppo intellettuale. La seconda e che le suddette
"circostanze favorevoli" sono molto lontane dal genere di approccio agli
elaboratori che sta diventando la norma nelle scuole. Le condizioni necessarie per quel
tipo di rapporto con un elaboratore di cui parlerò in questo libro, richiedono un accesso
all'elaboratore piu frequente e libero di quello previsto dagli attuali programmi
educativi. Ed e ancora necessario un linguaggio d'elaboratore, e un ambiente
d'apprendimento come contesto che non hanno niente a che vedere con quelli proposti dalle
scuole attuali. Infine, sarebbe necessario un tipo di elaboratore assai differente da
quello che le scuole comprano attualmente.
Mi ci vorrà gran parte di questo libro per riuscire a dare
un'idea delle auspicabili scelte tra gli elaboratori, tra i linguaggi informatici e piu
generalmente tra le culture informatiche, perchè queste scelte hanno influenza su quanto
i bambini impareranno lavorando all'elaborazione e su quali benefici ne trarranno.
Ma il problema della fattibilita economica del libero
accesso di ogni bambino all'elaboratore puo essere trattato immediatamente. Spero in tal
modo di rimuovere nei miei lettori i dubbi riguardo al "realismo economico" del
mio progetto educativo.
La mia visione d'un nuovo tipo di ambiente di apprendimento
implica un contatto libero tra bambini ed elaboratori. Il libero accesso sarebbe
assicurato se ogni famiglia avesse un elaboratore, o se gli amici ne avessero uno. Per
sviluppare la discussione (e per estenderla a tutti i gruppi sociali), supponiamo che
questa condizione sia realizzata, avendo le scuole deciso di dotare ciascuno dei loro
studenti di un elaboratore personale. Molte persone "pratiche" (inclusi parenti,
insegnanti, dirigenti scolastici, amministratori ecc.) reagirebbero a questa idea piu o
meno allo stesso modo: "Anche se gli elaboratori avessero tutte le virtu di cui ci
parlate, sarebbe impossibile realizzare le vostre idee. Dove troveremmo il denaro? ".
L'obiezione di queste persone esige una risposta senza
perifrasi. Si sbagliano. Consideriamo la leva di bambini che entreranno nella scuola
materna nel 1987, la "Classe del 2000", e facciamo un po' di conti. Il costo
diretto, per la pubblica amministrazione, della scolarizzazione di un bambino per tredici
anni, dalla materna al compimento dell'obbligo, si aggira oggi sui 20.000 dollari (e per
questa classe del 2000 dovrebbe avvicinarsi ai 30.000 dollari). Una stima generosa della
spesa per fornire a ognuno di questi bambini un elaboratore adatto a rispondere agli scopi
educativi da me descritti in questo libro, per il mantenimento, le riparazioni e le
eventuali sostituzioni, potrebbe essere di circa 1000 dollari per studente, distribuiti su
tredici anni di scuola. In tal caso, la voce "elaboratori" per la classe del
2000 rappresenterebbe solo il 5% del totale della spesa pubblica per l'educazione, e
questo anche nel caso in cui la presenza degli elaboratori non dovesse modificare nulla.
Ma di fatto, l'introduzione degli elaboratori ha buone probabilita di rendere piu
economici altri aspetti dell'educazione. Le scuole potrebbero accorciare il loro ciclo da
tredici a dodici anni; o trarre vantaggio dall'accresciuta autonomia di ciascun studente
che usa l'elaboratore, per aumentare la composizione delle classi di uno o due allievi,
senza peraltro diminuire l'attenzione personale accordata a ognuno di loro. Nell'una o
nell'altra ipotesi, la spesa per gli elaboratori sarebbe recuperata.
Ma il mio obiettivo non e di economizzare sui costi
educativi: non e di sfruttare l'informatica per ridurre d'un anno il tempo che un bambino
passa in una scuola, per tutto il resto rimasta immutata, o di sistemare un allievo in piu
in una classe di scuola elementare. Quel che mi prefiggo con questa semplice prova di
calcolo dei costi educativi e di influire sull'atteggiamento mentale dei miei lettori che
si accingono a leggere il primo capitolo di questo libro. Mi sono descritto come utopista
della pedagogia, non perchè ho progettato un futuro dell'educazione in cui i bambini
sarebbero circondati da prodotti di alta tecnologia, ma perchè credo che certe
utilizzazioni di una potente tecnologia informatica e le idee informatiche possano fornire
ai bambini nuove possibilità di apprendere, di pensare, di arricchirsi sia sul piano
affettivo che su quello cognitivo. Nei capitoli seguenti, tenterò di dare ai lettori
un'idea di queste possibilita, molte delle quali dipendono da un futuro ricco di
elaboratori, un futuro dove ogni elaboratore avrà un ruolo significativo nella vita di
ogni bambino. Ma voglio che per i miei lettori sia molto chiaro che ciò che è
"utopico" nella mia visione e in questo libro, è un particolare modo di usare
gli elaboratori, di stringere nuove relazioni tra gli elaboratori e gli uomini, mentre il
fatto di avere a disposizione un elaboratore costituisce una semplice premessa, di per se
priva di qualsiasi aspetto innovativo.
Seymour Papert, MIND STORMS, bambini, computers e creatività
© 1980 Basic Books, Inc., New York
© 1984 Emme Edizioni s.r.l. via S. Maurilio, 13 - Milano
Titolo originale: Mindstorms
Traduzione di Anita Vegni
Copertina di Sergio Prozzillo
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