1. Elaboratori e culture informatiche (Mindstorms di Papert)

Attualmente, quando i bambini sono messi davanti ad un elaboratore, e quasi sempre per metterli alla prova, per far loro svolgere esercizi di un livello di difficoltà appropriato, per fornire feed-back, per dispensare informazioni.

E' l'elaboratore che programma il bambino, né piu né meno.

Nell'ambiente LOGO il rapporto e rovesciato: il bambino, anche d'età prescolare, padroneggia la macchina, e lui che programma l'elaboratore. E insegnando all'elaboratore a pensare, i bambini si lanciano in una esplorazione del loro stesso modo di pensare. L'esperienza puo essere inebriante.

Riflettere sul come si pensa trasforma il bambino in un epistemologo, un'esperienza che molti adulti non hanno mai vissuto.¶

Questa potente immagine del bambino epistomologo ha catturato la mia immaginazione fin dal tempo in cui lavoravo con Piaget. Nel 1964, dopo cinque anni passati al Centro di Epistemologia Genetica a Ginevra, venni via impressionato dal suo modo di considerare i bambini come attivi costruttori delle proprie strutture intellettuali. Ma dire che le strutture

intellettuali sono elaborate da colui che apprende, piuttosto che inculcate da colui che insegna, non significa che esse si sviluppino dal nulla. Al contrario, come ogni costruttore, il bambino si appropria, per usarli a modo suo, dei materiali che trova attorno a se, e soprattutto dei; modelli e delle metafore proposte dalla cultura circostante.¶

Piaget descrive l'ordine in cui il bambino sviluppa diverse abilità intellettuali. Io do piu peso di lui al ruolo che hanno i materiali di una particolare cultura nella determinazione di questo ordine. Per esempio, la nostra cultura è molto ricca di materiali utili al bambino per costruire certi componenti del pensiero logico e numerico. I bambini imparano a contare.

Essi apprendono che il risultato di una enumerazione qualsiasi e indipendente dall'ordine e dalla disposizione particolare degli elementi contati; essi estendono questa nozione di "conservazione" alla loro riflessione sulle proprieta dei liquidi quando sono travasati da un recipiente in un altro, e dei solidi quando cambiano di forma. I bambini sviluppano queste strutture di pensiero in maniera preconscia e "spontanea", vale a dire senza che siano state loro insegnate. Altre strutture della conoscenza, come le abilita richieste dalle permutazioni e dalle combinazioni, si acquisiscono piu lentamente, o non si sviluppano affatto se non attraverso un insegnamento formale. La presente opera, nel suo insieme, tende a dimostrare che la differenza osservata nello sviluppo di queste strutture e imputabile, in molti casi importanti, alla relativa poverta della nostra cultura, di materiali che permetterebbero di costruire queste strutture intellettuali in apparenza "piu avanzate". Questa tesi si allontana alquanto dalle interpretazioni di Piaget, focalizzate sui fattori culturali, che cercano le differenze tra i bambini europei o statunitensi, e i bambini delle giungle africane. Quando parlo qui della "nostra" cultura, io intendo qualcosa di meno ristretto. Io non cerco di comparare New York con il Ciad. Quello che m'interessa e la differenza tra le "culture preinformatiche" (siano quelle delle citta americane o delle tribu africane) e le "culture informatiche" che possono svilupparsi ovunque nei prossimi decenni.

Ho già indicato una delle ragioni per cui sono convinto che la presenza dell'elaboratore potrebbe avere, sullo sviluppo intellettuale, effetti più fondamentali e profondi di quanto non ne abbiano avuti le altre nuove tecnologie, comprese la televisione e persino la stampa. La metafora dell'elaboratore come entità in grado di "parlare matematica" pone il soggetto che apprende in una relazione qualitativamente nuova con un importante dominio del sapere. Anche il meglio che la televisione può offrire in campo educativo si limita a migliorare quantitativamente i tipi di apprendimento che esistevano gia senza di essa. Una trasmissione come "Sesame Street" può offrire spiegazioni maggiori e piu interessanti di quelle che un bambino potrebbe ricevere dai genitori o dagli insegnanti di scuola materna, ma egli e sempre nella situazione di dover ascoltare passivamente. Invece, quando un bambino impara a programmare, il processo d'apprendimento è trasformato; diventa piu attivo e autonomo. In particolare, la conoscenza è acquisita per uno scopo personalmente riconoscibile. Il bambino la utilizza. La nuova conoscenza è una fonte di potere ed è vissuta come tale dall'istante in cui comincia a prendere forma nella mente del bambino.

Ho parlato di un nuovo approccio all'apprendimento della matematica. Ma la matematica non e la sola disciplina ad essere coinvolta. Ci si puo rendere conto delle dimensioni del cambiamento, esaminando un'altra delle idee di Piaget. Piaget distingue il pensiero "concreto" dal pensiero "formale". II pensiero concreto e gia ben elaborato quando il bambino, a sei anni, entra in prima elementare, e si rinforza negli anni che seguono. Il pensiero formale non si sviluppa che quando il bambino ha il doppio di questa età, vale a dire a dodici anni, anno piu anno meno; alcuni ricercatori ritengono che molte persone non raggiungano mai pienamente il pensiero formale. Io non condivido completamente la distinzione di Piaget, ma la credo abbastanza vicina alla realta, per aiutarci a comprendere che una sola innovazione potrebbe avere una conseguenza qualitativamente piu importante sullo sviluppo intellettuale di mille altre innovazioni i cui effetti si assommassero in modo quantitativo. In breve, la mia ipotesi e che l'elaboratore puo rendere concreto (e personale) il formale. Visto sotto questa luce, e ben altro che un ennesimo potente strumento pedagogico. L'unico nel fornirci i mezzi per affrontare quello che Piaget e numerosi altri considerano come l'ostacolo da superare per passare dal pensiero infantile al pensiero adulto. Io sono convinto che può permetterci di spostare il conf1ne tra concreto e formale. Le conoscenze accessibili fino a poco tempo fa solo attraverso processi formali, possono ora essere raggiunte mediante un approccio concreto. E cio che e veramente magico e che in questo modo di conoscere si trovano gli elementi necessari per acquisire un pensiero formale.

Questa descrizione del ruolo dell'elaboratore è alquanto astratta. La renderò piu concreta anticipando questioni che saranno dibattute nei capitoli seguenti, esaminando l'effetto del lavoro con l'elaboratore sulle due forme di pensiero che Piaget associa allo stadio formale dello sviluppo intellettuale: il pensiero combinatorio da una parte, nel quale il ragionamento si applica all'insieme di tutti gli stati possibili di un sistema, e il pensiero autoreferenziale dall'altra, che ha per oggetto il pensiero stesso.

In un esperimento tipico sul pensiero combinatorio, si presentano ai bambini perle di colori assortiti con il compito di formare tutte le combinazioni possibili ( "famiglie"). E' molto significativo che la maggior parte dei bambini risulta incapace di svolgere questo compito sistematicamente e accuratamente prima del quinto o sesto anno di scuola. Perche ciò accade? Perchè questo compito seimbra essere molto piu difficile di certe prodezze intellettuali compiute da bambini di sette o otto anni? La sua struttura logica è essenzialmente più complessa? Forse questa operazione richiede un meccanismo neurologico che non arriva a maturazione prima dell'avvicinarsi della pubertà? Io penso che una spiegazione piu plausibile ci venga fornita dal considerare la natura stessa della cultura. II compito di formare famiglie di perle puo essere paragonato alla messa a punto e all'esecuzione di un programma, di un tipo molto comune, dato dall'incastro di due cicli elementari *: fissare un primo colore e metterlo in corrispondenza sistematica con tutti gli altri che possono essere presi come secondi colori della combinazione; ripetere l'operazione. Sino ad esaurire tutte le scelte possibili dei colori presi come iniziali. Per chi è abituato a lavorare con l'elaboratore e a programmare, non c'e niente di "formale" o di astratto in questo compito. Per un bambino con cultura informatica, sarebbe altrettanto concreto quanto accoppiare coltelli e forchette nell'apparecchiare la tavola. Persino l'inconveniente (il "bug" ) **, così comune, di incluclere due volte la stessa coppia (per esempio, rosso-blu e blu-rosso) sarebbe un'insidia familiare. La nostra cultura e ricca di paia, di coppie, e di corrispondenze biunivoche di ogni sorta, e di vocaboli per parlarne. Tale ricchezza fornisce ai bambini sia lo stimolo che una quantità di modelli e strumenti per costruire modi di pensare. Essi acquisiscono, per esempio, un senso intuitivo davvero eccellente della quantità quando si tratta di sapere se tre grosse parti

di candito sono piu o meno di quattro pezzi nettamente piu piccoli. Ma la nostra cultura è relativamente povera di modelli di procedure sistematiche. Fino a poco tempo fa non c'era nemmeno un nome nella lingua comune per designare la programmazione, e tanto meno per designare idee necessarie a realizzarla con successo. Non c'e nessun termine per designare "cicli elementari ad incastro" (nested loops) e neppure l'inconveniente di prendere due volte una stessa coppia (doub1e-counting bug). Infatti noi non abbiamo dei termini appropriati per le idee pregnanti che gli informatici intendono con bug e debugging.

Privi di stimoli o di materiali atti a elaborare modi potenti e concreti di pensare ai problemi che implicano sistematicità, i bambini sono costretti ad affrontare questi problemi astrattamente e a tentoni. Cosl, fattori culturali che sono comuni tanto alla grande citta americana che al villaggio africano possono spiegare la differenza di età a cui i bambini elaborano la loro nozione intuitiva di quantita e di sistematicità.

Mentre lavoravo ancora a Ginevra, la mia attenzione era stata attirata dal modo in cui i materiali scaturiti dalle culture informatiche, a quel tempo ancora giovani, aprivano agli psicologi nuovi orizzonti nelle loro ricerche sul pensiero.Infatti, il mio ingresso nel mondo degli elaboratori fu motivato largamente dall'idea che i bambini dovevano poter beneficiare, piu ancora forse degli psicologi, del fatto che i modelli informatici sembravano capaci di dare forma concreta a domini della conoscenza che sino ad allora erano sempre apparsi tanto intangibili e astratti.

Io cominciai a vedere come i bambini che avevano appreso a programmare un elaboratore potevano servirsi di modelli informatici per riflettere su come si pensa, per apprendere come si apprende, e, così facendo, per sviluppare le loro capacita di psicologi e di epistemologi. Molti bambini, per esempio, sono bloccati nell'atto di imparare perchè hanno un modello di apprendimento per cui o a si e "capito" o "non si e capito". Ma quando si apprende a programmare un elaboratore, non si riesce quasi mai a ottenere la soluzione giusta al primo tentativo. Imparare ad essere un esperto programmatore significa diventare estremamente abile nelI'isolare e correggere i bugs, vale a dire nel saper snidare quelle parti del programma che gli impediscono di funzionare. La questione da porsi, riguardo a un programma, non e se e giusto o sbagliato, ma se lo si puo sistemare.

Se si generalizzasse questo atteggiamento verso i prodotti intellettuali fino ad estenderlo al modo in cui la cultura nel suo complesso considera il sapere e la sua acquisizione, tutti noi saremmo meno intimiditi dalle nostre paure di "avere sbagliato". Questo potere dell'elaboratore di cambiare la nostra opinione sul successo e sull'insuccesso, opposti l'uno all'altro come il bianco al nero, e un esempio del possibile uso dell'elaboralore come "oggetto-per-pensare". Ovviamente, non e necessario lavorare con elaboratori per acquisire buone strategie d'apprendimento. E, senza alcun dubbio, efficaci strategie di sistemazione di una procedura (debbugging) sono state sviluppate in ogni tempo da coloro i quali sapevano apprendere, molto prima dell'avvento degli elaboratori. Ma la riflessione sull'apprendimento, accostata per analogia all'elaborazione di un programma, rappresenta un mezzo potente ed accessibile per iniziarsi a uno studio piu dettagliato delle proprie strategie di messa a punto delle proeedure di apprendimento, col fermo proposito di affinarle.

¶La mia discussione sull'impatto di una cultura informatica con i nostri modi di pensare presuppone una massiccia penetrazione degli elaboratori nella nostra vita. Che questo accadrà non c'è alcun dubbio. II calcolatore, il gioco elettronico, I'orologio digitale ci sono stati portati da una rivoluzione tecnica che ha rapidamente abbassato i prezzi dell'elettronica in un periodo in cui tutti gli altri stavano salendo per effetto dell'inflazione. Quella stessa rivoluzione tecnologica, dovuta ai circuiti integrati, ci sta dando ora l'elaboratore personale. I grandi elaboratori costavano milioni di dollari perchè erano montati con milioni di pezzi staccati. Con la nuova tecnologia, un circuito complesso non e assemblato, ma fabbricato come un tutt'uno, un'entità compatta - da qui il termine "circuito integrato". La diffusione del circuito integrato e il suo effetto sui costi sono paragonabili a quelli della stampa. Nella produzione di un libro, la spesa principale va situata a monte della messa in opera della stampa. Si tratta di spese per la redazione, la preparazione del testo e la composizione. Altre spese intervengono dopo la stampa: rilegatura, distribuzione e vendita. Oggi, in realta, il costo di stampa per ogni copia e irrilevante. E ciò vale per ogni libro, indipendentemente dal suo contenuto. Alla stessa stregua, quanto al costo di un cireuito integrato, il processo di preparazione ne costituisce la parte principale; il costo di fabbricazione di ogni singolo circuito diventa trascurabile, dal momento in cui se ne vendono abbastanza da suddividere su un gran numero i costi di realizzazione. Le nuove tecnologie di fabbricazione hanno avuto una straordinaria influenza sul costo dell'evoluzione informatica. Se negli anni Sessanta gli elaboratori venivano pagati centinaia di migliaia di dollari, e negli anni Settanta decine di migliaia di dollari, oggi possono ormai essere fabbricati per meno di un dollaro. L'unico fattore limitante e dato dalla necessita di adattare ogni circuito di un determinato tipo sull'equivalente di una "pagina" - vale a dire la "pasticca di silicio" su cui il circuito sara stampato.

Ma regolarmente, ogni anno, com'era prevedibile, si affina l'arte di stampare i circuiti sul1e pasticche di silicio. Si riesce a rinchiudere in una pasticca circuiti sempre piu complessi, e la potenza informatica che si puo produrre per meno di un dollaro aumenta incessantemente. La mia previsione e che molto prima della fine del secolo si compreranno ai bambini giocattoli dotati di una potenza informatica uguale a quella di cui dispongono i grandi elaboratori I.B.M. che attualmente sono venduti a milioni di dollari. Quanto agli elaboratori, usati come tali, il loro costo principale deriverà dai loro elementi esterni, come la tastiera. Ma anche se questi non diminuiranno di prezzo, e verosimile che un superelaboratore costerà come una macchina da scrivere e un televisore. ¶

Gli esperti sono concordi nel riconoscere che il costo degli elaboratori si abbasserà a tal punto che entreranno in massa nella vita quotidiana. Alcuni vi avranno il ruolo di elaboratori, ovvero di macchine per programmare. Altri saranno forse presi come giochi dalla complessita sempre crescente, e diventeranno d'uso comune nei supermercati completamente automatizzati, dove gli scaffali, forse persino le scatole, parleranno. Ci si puo sbizzarrire a lasciar correre la propria immaginazione all'infinito. Senza dubbio il lato materiale della vita cambiera per tutti, forse in maggior misura per i bambini.

Ma divergono in modo significativo le opinioni sui possibili effetti di questa presenza dell'elaboratore. Vorrei distinguere la mia posizione in proposito rispetto a due tendenze che chiamero la "scettica" e la "critica".

Gli scettici non si aspettano dalla presenza dell'elaboratore importanti cambiamenti nel modo di imparare e di pensare. Io ho concepito diverse spiegazioni possibili del loro punto di vista. In certi casi, mi sembra che gli scettici abbiano una concezione troppo ristretta dell'educazione e dell'effetto che, I'elaboratore potrebbe avere su di essa. Invece di considerare gli effetti culturali nel loro insieme, si concentrano sulI'utilizzazione dell'elaboratore come macchina per istruzione programmata. Così concludono affermando che se l'elaboratore puo apportare dei miglioramenti nell'apprendimento scolastico, non ha probabilità d'introdurvi cambiamenti radicali. Mi sembra anche che il punto di vista dello scettico derivi dal non aver afferrato l'importanza dell'apprendimento piagetiano nello sviluppo del bambino. Se si concepisce lo sviluppo intellettuale del bambino (oppure lo sviluppo morale e sociale) come il prodotto d'un insegnamento deliberato, si sottovaluta l'effetto potenziale che avrebbe sui bambini l'introcluzione massiccia degli elaboratori e di altri oggetti interattivi.

I rappresentanti della tendenza critica, al contrario, sono convinti che l'introduzione dell'elaboratore sara causa di importanti cambiamenti e ne hanno timore. Essi hanno paura, per esempio, che una comunicazione sempre piu mediata da strumenti informatici possa impoverire le relazioni umane e condurre a una disgregazione sociale. Poiche il saper usare un elaboratore diventa sempre piu necessario alla partecipazione sociale ed economica, la situazione degli svantaggiati, che non possono usufruire di questo privilegio, potrebbe peggiorare e l'elaboratore potrebbe aggravare le attuali differenze sociali. Quanto alle conseguenze politiche che gli elaboratori avranno, I'inquietudine dei critici fa eco alle immagini di Orwell di un 1984, in cui gli elaboratori domestici faranno parte di un complesso sistema di sorveglianza e di controllo del pensiero. I critici ancora richiamano l'attenzione sui rischi che la diffusione dell'elaboratore potrebbe rappresentare per la nostra salute mentale. Alcuni di questi rischi, in forma amplificata, non sono altro che quelli che preoccupano gia numerosi osservatori del mondo contemporaneo; altri sono problemi essenzialmente nuovi. ¶

Un esempio tipico dei rischi del primo genere e quello di vedere aumentare la nostra già grave ignoranza sugli effetti psicologici della televisione in un'epoca di suo uso eccessivo. L'elaboratore e suscettibile di accrescere il potere d'attrazione e l'impatto psicologico della televisione per almeno due motivi: da una parte il contenuto dei programmi potrebbe variare secondo i gusti di ciascun spettatore, dall'altra l'emissione potrebbe diventare interattiva, trascinando lo "spettatore" dentro l'azione. Sono, ben inteso, visioni del futuro, ma coloro i quali si preoccupano degli eventuali inconvenienti dell'elaboratore, citano gia casi di studenti che trascorrono notti in bianco fissi sul loro terminale, a tal punto da trascurare sia gli studi che le relazioni sociali. Ad alcuni genitori vengono in mente questi esempi spiacevoli quando osservano con quale particolare fascino i propri figli sono attratti dai giochi elettronici, per il momento ancora rudimentali.

Per quanto riguarda i problemi nuovi, che non sono versioni. esasperate dei vecchi, i critici hanno messo in evidenza l'influenza che potrebbero avere sui nostri modi di pensare le procedure di lavoro altamente meccanizzate degli elaboratori.

L'affermazione di Marshall McLuhan che "il mezzo e il messaggio" potrebbe applicarsi qui: se il mezzo e un sistema interattivo che capisce le parole e risponde come un essere umano, e facile concludere che le macchine sono come gli uomini e gli uomini come le macchine. Quale effetto potrebbe avere una simile estrapolazione sullo sviluppo dei valori nei bambini e dell'immagine che si fanno di se stessi? è difficile dirlo. Ma c'e di che preoccuparsi.

Nonostante tutto, io sono ottimista—qualcuno direbbe utopista—sugli effetti degli elaboratori nella societa. Io non rifiuto gli argomenti dei critici. Al contrario, come loro io ritengo che l'elaboratore avra una profonda influenza sulla mente umana. Sono pienamente consapevole del fascino che può esercitare un elaboratore interattivo, e del fatto che il prendere l'elaboratore come modello influenzerà la nostra concezione di noi stessi. Tnfatti, il lavoro su LOGO, al quale ho dedicato una gran parte del mio tempo durante i dieci anni passati, consiste precisamente nell'aver cercato di sviIuppare tali forze in direzioni positive. II critico, per esempio, e terrificato al pensiero di un bambino ipnotizzato da un superbiliardino computerizzato del futuro. Nella nostra elaborazione del LOGO noi abbiamo inventato delle versioni di questo tipo di macchine in cui nozioni essenziali, siano esse della fisica o della matematica o della linguistica, sono integrate in maniera tale da permettere al giocatore di assimilarle con naturalezza, come si apprende la lingua materna. II "fascino" dell'elaboratore, tanto temuto dai critici, diventa un utile mezzo educativo. Prendiamo un altro esempio, piu profondo. II critico teme che i bambini adottino l'elaboratore come modello e finiscano col pensare meccanicamente. Seguendo la direzione opposta, io ho inventato dei mezzi per trarre vantaggio educativo dall'opportunità offertaci di acquisire l'arte di pensare volontariamente come un elaboratore, seguendo, per esempio, lo stereotipo del programma informatico che procede in maniera meccanica, passo dopo passo, prendendo ogni istruzione alla lettera. In alcune situazioni questo stile di pensiero e utile e appropriato. Le difficolta di certi bambini ad apprendere materie formali come la grammatica o la matematica, derivano dalla loro incapacita di cogliere l'essenziale di questo, stile.

¶Lo stesso metodo di pensare presenta un secondo vantaggio, indiretto, ma in definitiva più importante. Se l'allievo apprende volontariamente a imitare il pensiero meccanico, diventa capace di distinguere quello che e pensiero meccanico da quello che non lo è. L'esercizio renderà piu sicura la scelta di uno stile cognitivo adatto al problema considerato. Analizzare il "pensiero meccanico" e discernere in che cosa differisca da altri modi e abitudini di esaminare un problema, puo condurre a un nuovo grado di finezza intellettuale. Nel fornire un modello ben concreto di un particolare modo di pensare, il lavoro con l'elaboratore puo rendere piu facile capire che esiste qualcosa che puo essere definito come uno "stile di pensiero". Ora, dare ai bambini l'occasione di scegliere uno stile o un altro, significa permettergli di sviluppare l'abilita di saper scegliere. Così, invece di indurre al pensiero meccanico, il contatto con l'elaboratore potrebbe essere il migliore antidoto. E quello che e piu importante per me, in tutto questo, e che i bambini farebbero il loro tirocinio di epistemologi, vale a dire che imparerebbero a riflettere in modo articolato sul pensiero.

La cultura odierna offre ai bambini ambienti intellettuali poveri di occasioni per rendere manifesto ciò che essi pensano su come si pensa, perchè imparino a parlarne, perchè esternino le loro idee in proposito cosi da metterle alla prova. L'accesso all'elaboratore cambierebbe questa situazione in modo sensazionale. Persino la piu semplice attività con la Tartaruga da nuove occasioni per affermare la propria rillessione sul pensiero: si programma una Tartaruga iniziando a riflettere su come facciamo noi stessi quello che si desidera che lei faccia. Così, insegnando alla Tartaruga ad agire e a " pensare", si arriva a riflettere sulla propria azione e sul proprio pensiero. Sulla base del loro progresso, i bambini programmano l'elaboratore a prendere decisioni più complesse e si trovano impegnati a riflettere su aspetti più complessi del loro pensiero. In breve, mentre condivido con i critici la convinzione che il lavoro all'elaboratore può influenzare profondamente la nostra maniera di pensare, quello che interessa la mia ricerca è come orientare tale influenza in direzioni positive.

Due sono i tipi di obiezioni ai miei argomenti contro i critici. II primo contesta la mia asserzione che è un bene per i bambini essere epistemologi. Molte persone ritengono che un pensiero troppo analitico, troppo verbalizzato, e controproducente, anche se e stato scelto deliberatamente. II secondo tipo di obiezione contesta la mia ipotesi che gli elaboratori possono condurre a un pensiero più consapevole e riflessivo. Molti diranno che il lavoro all'elaboratore ha di solito l'effetto contrario. Questi due tipi di obiezioni richiedono analisi differenti, e non possono essere trattate contemporaneamente. II primo solleva questioni di ordine tecnico sulla psicologia dell'apprendimento, di cui discuterò nei capitoli 4 e 6. Per quanto riguarda la risposta piu immediata e che gli effetti da me ipotizzati non sono assolutamente garantiti. Non tutti i sistemi di elaborazione li producono. La maggioranza di quelli in uso oggi non lo fanno.

Negli ambienti LOGO io ho visto bambini impegnati in animate conversazioni sulla loro personale conoscenza, mentre cercavano di trasferirla in un programma, allo scopo di far compiere alla Tartaruga un'azione che essi stessi erano capaci di compiere perfettamente. Ma e evidente che la presenza fisica dell'elaboratore non basta ad assicurare che tali conversazioni si verifichino. Ne siamo ben lontani! In migliaia di scuole, in decine di migliaia di case, i bambini vivono al giorno d'oggi esperienze informatiche decisamente diverse. Nella maggior parte dei casi l'elaboratore viene usato sia come un versatile video game, sia come una "macchina per insegnare" , programmata per far svolgere ai bambini esercizi d'ortografia o di aritmetica. E anche quando i bambini sono iniziati da un loro genitore, da un compagno o da un professore ad un linguaggio come il BASIC, questa attivita non e accompagnata affatto dal tipo di riflessione epistemologica che noi osserviamo negli ambienti LOGO. Ecco perchè condivido lo scetticismo dei critici su quello che si fa oggi con l'informatica. Ma il mio obiettivo e appunto di operare nel senso di un importante cambiamento, la cui linea di fondo e politica. Lo stato attuale delle cose e un dato puramente fattuale. Come potrebbero cambiare è una questione tecnica. Ma come esse cambieranno, infine, e una questione politica, legata a scelte sociali. ¶

Le domande centrali da porci sull'effetto che gli elaboratori avranno sui bambini degli anni Ottanta sono le seguenti: che genere di persona sara attratta dal mondo degli elaboratori? Quali abilita mentali apporteranno? Quali gusti e ideologie imporranno alla cultura informatica, in continuo sviluppo? ¶

Io ho descritto i bambini, negli ambienti LOGO, impegnati a dibattere su come si svolgeva il loro stesso pensiero. Questo era possibile perche il linguaggio LOGO e la Tartaruga sono stati progettati da persone a cui piaceva quel genere di discussione e lavoravano intensamente per realizzare un mezzo che la favorisse. Altri progettisti di sistemi di elaboratori hanno gusti e idee diverse dalle nostre su quali tipi di attivita sono adatte ai bambini. I1 progetto che prevarrà, come pure la cultura in cui verra attuato, non sarà il risultato di una decisione soltanto burocratica, presa, per esempio, da un ministero dell'educazione o da una commissione di esperti. ¶

Le tendenze dello stile informatico emergeranno da una complessa rete di decisioni prese da fondazioni private che dispongono dei mezzi finanziari necessari per sostenere questo o quel progetto, da aziende che vi intravvedono un mercato, da scuole, da persone decise a far carriera in questo nuovo settore di attività, e da bambini che desiderano esprimere la loro opinione su cio che vien loro comprato e su che cosa ne faranno. Ci si chiede spesso se, in futuro, i bambini programmeranno gli elaboratori o se verranno assorbiti in attività gia programmate. Per certi bambini sarà valida la prima ipotesi, per altri la seconda, per altri ancora tutte e due, e per certi né l'una né l'altra. Ma quali bambini rientreranno in ognuna delle categorie? E, piu precisamente, i bambini di quale classe sociale? La risposta dipenderà dal genere di attivita informatiche e di ambiente che saranno creati intorno a loro. ¶

Come esempio, esaminiamo un'attività che non viene in mente quando si parla di elaboratori e di bambini: la redazione di un testo sull'elaboratore. Scrivere, per me, e anzitutto redigere di getto un primo abbozzo e rifinirlo in seguito prendendomi il mio tempo. Nella mia immagine di me stesso come scrittore e inclusa l'aspettativa di una prima stesura "inaccettabile" che trovera forma presentabile con successive correzioni. Ma se fossi in terza elenzentare, questa immagine esorbiterebbe dalle mie capacita. L'atto materiale di scrivere sarebbe lento e laborioso. Per la maggior parte dei bambini riscrivere un testo e così faticoso che il primo abbozzo e la versione definitiva, e non acquisiranno mai l'abilità di rileggere con occhio critico. Avviene un cambiamento straordinario quando i bambini hanno l'accesso ad elaboratori capaci di manipolare un testo. II primo abbozzo e composto alla tastiera. Le correzioni sono facili da fare. La versione in corso è sempre chiara e ordinata. Io ho visto un bambino che si rifiutava di scrivere, prendervi intensamente gusto, dopo poche settimane di esercizi di scrittura con l'elaboratore, e ottenere risultati qualitativamente migliori. Si assiste a cambiamenti ancora piu sensazionali quando handicap fisici rendono al bambino la scrittura piu difficile del normale, se non impossibile. ¶

Questo uso degli elaboratori viene adottato rapidamente da quegli adulti che scrivono per professione. Oggi, quasi tutti i giornali dispongono per il loro personale di sistemi di elaboratori con "elaborazione della parola". Molti scrittori che lavorano in casa acquistano un elaboratore, e il terminale d'elaboratore sta regolarmente sostituendo la macchina da scrivere come strumento basilare della segretaria. L'immagine del bambino che usa l'elaboratore come un mezzo per scrivere esemplifica molto bene il mio postulato generale secondo il quale ciò che è buono per i professionisti è buono per i bambini. Ma questa immagine di come l'elaboratore puo contribuire a far raggiungere al bambino la padronanza della lingua, si scontra con quanto sta realmente avvenendo nella maggior parte delle scuole elementari. L'elaboratore, infatti, vi e considerato come una macchina per insegnare: per fare esercizi d'ortografia, per imparare a distinguere i verbi dai nomi, per rispondere a questionari di comprensione del testo a risposta multipla. A mio avviso, la differenza non consiste nella semplice scelta tecnica tra due strategie d'insegnamento. Riflette infatti una fondamentale differenza tra due filosofie dell'educazione. E ancor di piu riflette una differenza tra due concezioni della natura dell'infanzia. Io credo che l'utilizzazione dell'elaboratore per scrivere offra ai bambini la possibilità di diventare piu simili agli adulti, effettivamente piu vicini a dei professionisti qualificati, per come si pongono rispetto al loro prodotto intellettuale e a se stessi. Un tale procedimento urta con i molti aspetti della scuola il cui effetto, se non l'intenzione, e di "infantilizzare" il bambino. ¶

I programmi di elaborazione di testo possono rendere l'esperienza che un bambino acquisisce nella scrittura piu simile a quella di un vero scrittore. Ma e possibile che questo non avvenga se gli adulti non riescono a capire che cosa significa essere scrittore. Per esempio, con tutta probabilita gli adulti, insegnanti inclusi, direbbero che le correzioni ripetute di un testo sono una perdita di tempo "Perchè non fai qualche altra cosa?" oppure "Tu non lo migliori affatto, perchè non ti eserciti nell'ortografia?".

Ed e così anche per la composizione musicale, i giochi di abilità, i grafici complessi, qualunque cosa: I'elaboratore non e una cultula in se, ma può servire ad aprire la via a prospettive culturali e filosofiche molto diverse. Si potrebbe,per esempio, considerare la Tartaruga come un espediente per insegnare elementi del programma tradizionale, quali le nozioni di angolo, di forma, e i sistemi di coordinate. Infatti la maggioranza degli insegnanti che mi consultano sul suo uso, cercano di utilizzarlo in questo modo, ed è comprensibile. I loro quesiti vertono sull'organizzazione della classe, su problemi d'orario, sulle conseguenze pedagogiche dovute all'introduzione della Tartaruga, e specialmente su come essa si colleghi dal punto di vista concettuale con il resto dei programmi. La Tartaruga puo contribuire all'insegnamento di un programma tradizionale, senza dubbio, ma io l'ho concepito come uno strumento per l'apprendimento piagettiano, voglio dire un apprendimento senza programma di studio. ¶

Ci sono quelli che credono di poter impostare un "programma scolastico piagetiano" o dei "metodi d'insegnamento piagetiano". Ma, ai miei occhi, queste espressioni e le attivita che esse indicano sono contraddizioni in termini. Io vedo in Piaget il teorico dell'apprendimento senza programrna e il teorico di un tipo di apprendimento che si svolge senza un insegnamento predeterminato. Fare di lui il teorico di un nuovo programma scolastico è per me assurdo.

Pertanto, "insegnale senza programma" non significa " lasciare i bambini soli" in aule scolastiche dove tutto è spontaneo, dove c'e assoluta libertà. Significa, anzi, sostenere i bambini mentre costruiscono le loro strutture intellettuali con materiali ricavati dalla cultura circostante. Secondo questo modello, I'intervento educativo consiste nel cambiare la cultura troducendovi nuovi elementi costruttivi ed eliminando quelli nocivi.

L'impresa e piti ambiziosa di quanto non sia quella di apportare modifiche ai programmi, ma e realizzabile grazie a condizioni nuove.

Supponiamo che trent'anni fa un educatore avesse deciso che il modo di risolvere il problema dell'insegnamento della matematica consistesse nel far sl che una buona parte della popolazione imparasse a parlare correntemente un nuovo linguaggio matematico (e che ne fosse entusiasta). L'idea sarebbe stata molto buona in teoria, ma assurda nella pratica. Nessuno avrebbe avuto il potere di attuarla. Ma al giorno d'oggi le cose sono diverse. Milioni di persone apprendono i linguaggi della programmazione, per delle ragioni che non hanno niente a che vedere con l'educazione dei bambini Per questo motivo diventa una proposta pratica quella di influenzare la forma dei linguaggi che essi apprendono e le condizioni che rendono probabile che anche i loro figli se ne impadroniscano.

L'educatore deve essere un antropologo. In quanto tale deve sforzarsi di capire quali sono i materiali pertinenti allo sviluppo intellettuale. Deve quindi saper distinguere quali tendenze si delineano nella cultura. Un intervento valido non puo non conformarvisi. Nel mio ruolo di educatore, come antropologo, vedo emergere nuovi bisogni generati dalla penetrazione dell'elaboratore nella vita quotidiana. Coloro i quali hanno un elaboratore a casa o lo usano nell'ambito del loro lavoro, vorranno essere all'altezza di parlarne con i loro figli di insegnar loro ad usare queste macchine. Così potrebbe esserci una domanda culturale per qualcosa di simile al sistema grafico della Tartaruga, in un modo che non si e mai verificato, e forse non potrebbe mai verificarsi, nel caso della Nuova Matematica

Lungo il corso di questo capitolo ho parlato di come le scelte fatte da educatori, da associazioni, da pubblici poteri e da privati, possano influire sui cambiamenti potenzialmente ri- voluzionari della maniera in cui i bambini apprendono. Ma non e sempre facile effettuare buone scelte, in parte perche siamo condizionati dalle scelte passate. II primo prodotto disponinibile di una tecnologia nuova, per quanto primitivo esso sia, tende ad imporsi. Ho chiamato questo fenomeno, il fenomeno QWERTY.* Su una macchina da scrivere, la fila superiore dei tasti alfabetici si legge QWERTY. Questo, per me, e il simbolo del modo in cui, troppo spesso, la tecnologia puo essere utilizzata non come forza di progresso, ma per mantenere le cose in una situazione statica. La disposizione QWERTY non ha alcuna giustificazione razionale, solo la storia delle macchine da scrivere la spiega. Fu introdotta come risposta ad un problema sorto nei primi tempi i tasti tendevano a incastrarsi uno con l'altro. Si penso di ridurre al minimo il problema della collisione, separando i tasti che nella battitura si susseguivano frequentemente. Pochi anni dopo, dei progressi generali nella tecnologia rimossero questo inconveniente, ma il sistema QWERTY resto; era troppo tardi ormai: era stato adottato. Fu utilizzato su milioni di macchine da scrivere e si risolse in un metodo di apprendimento della dattilografia (in verita in un prograMma di corso completo). II costo sociale di una modifica alla tasliera (per esempio, mettendo "insieme" i tasti piu usati) aumentava in proporzione all'interesse acquisito, derivante dal fatto che un numero incalcolabile di dita era assuefatto alla tastiera QWERTY. QWERTY e dunque restato, a dispetto dell'esistenza di altri sistemi più "razionali". D'altra parte, se chiedete alla gente che cosa pensa della disposizione QWERTY, la giustifichera con dei criteri "oggettivi". Vi dirà che "facilita questo" o "evita quello". Sebbene queste giustificazioni non abbiano alcun fondamento razionale, illustrano un processo sociale di costruzione del mito che ci permette di accettare, in un sistema qualsiasi, delle caratteristiclle arcaiche. Io penso che abbiamo infilato la strada che ci porterà a fare esattamente la stessa cosa con l'elaboratore. Ci stiamo fossilizzando in un anacronismo con questa mania di conservare delle pratiche prive di qualunque base razionale, al di là delle loro radici storiche risalenti ad un periodo iniziale dello sviluppo tecnologico e teoretico.

L'uso che viene fatto degli elaboratori per esercizi scolastici non è che un esempio del fenomeno QWERTY nel campo dell'informatica. Un altro esempio viene in mente anche quando si fanno dei tentativi per mettere in grado gli allievi di imparare a programmare l'elaboratore. Come vedremo in seguito, apprendere a programmare un elaboratore implica la conoscenza di un "linguaggio di programmazione". I linguaggi di questo genere sono numerosi: FORTRAN, PASCAL, BASIC, SMALLTALK, LISP... e il meno conosciuto LOGO, di cui il nostro gruppo si e servito in gran parte delle esperienze con elaboratori e bambini. C'e da aspettarsi un rilevante effetto QWERTY quando si tratta di scegliere il linguaggio in cui i bambini impareranno a programmare. Cerchero di mostrare in dettaglio che la scelta determina i risultati che si possono ottenere. Un linguaggio di programmazione è simile a un linguaggio naturale, umano, nel senso che favorisce certe metafore, certe immagini, certi modelli di pensiero. II linguaggio usato colora fortemente la cultura informatica. Ci si aspetterebbe che gli educatori interessati ad utilizzare l'elaboratore e sensibili agli stimoli culturali, prestassero una particolare attenzione alla scelta del linguaggio. Al contrario, gli educatori, troppo intimiditi dalle materie tecnologiche o troppo poco informati per tentare di influenzare i fabbricanti di elaboratori sulla scelta dei linguaggi offerti, hanno accettato certi lingtlaggi di programmazione esattamente come avevano accettato la tastiera QWERTY. Un esempio significativo e quello del linguaggio BASIC 3 che si e imposto come il linguaggio che e scontato si debba adottare per insegnare ai giovani americani a programmare. La spiegazione tecnica appropriata e la seguente: anche un piccolissimo elaboratore puo essere costruito in modo da comprendere il BASIC, mentre altri linguaggi esigono di piu dall'elaboratore. Perciò, all'inizio, quando la tecnologia informatica era molto costosa, c'era un'autentica ragione tecnica per scegliere il BASIC, in particolare nelle scuole, il cui bilancio e sempre limitato. Oggi, e ormai da molti anni, il costo della memoria d'elaboratore e talmente diminuito che i vantaggi economici dell'utilizzazione del BASIC sono insignificanti. Eppure in molte scuole secondarie questo linguaggio resta quasi come sinonimo di programmazione, sebbene esistano altri linguaggi informatici, palesemente piu facili da apprendere che favoriscono un maggiore arricchimento sul piano intellettuale. La situazione è paradossale. La rivoluzione informatica e appena iniziata e sta già generando un suo conservatorismo. Uno studio piu attento del BASIC ci fornisce un osservatorio dal quale scorgere come un sistema sociale conservatore si appropria di uno strumento potenzialmente rivoluzionario e cerca di neutralizzarlo. BASIC e per l'informatica quello che QWERTY e per la dattilografia. Numerosi insegnanti hanno appreso il BASIC, molti libri sono stati scritti su questo linguaggio, e tanti elaboratori costruiti in modo tale che il BASIC vi sia incorporato. Nel caso della macchina da scrivere, abbiamo notato come si inventano delle "razionalizzazioni" per giustificare la situazione esistente. Nel caso del BASIC, il fenomeno è andato ancora più lontano fino a rassomigliare alla nascita di un'ideologia. Sono stati trovati argomenti complessi per giustificare certe caratteristiche del BASIC, che originariamente vi furono incluse perchè imposte da una tecnologia primitiva o per il semplice fatto che a quell'epoca le possibili alternative erano ancora troppo poco conosciute.

Un esempio dell'ideologia del BASIC è l'argomento secondo il quale esso sarebbe piu semplice da apprendere, in quanto il suo vocabolario e ridotto. L'apparente validita dell'argomento è immecliatamente messa in dubbio se ricorriamo al paragone con l'apprendimento delle lingue materne. Immaginiamo che si proponga di inventale una lingua speciale per aiutare i bambini ad imparare a parlare. Tale lingua dovrebbe avere un vocabolario ristretto, di appena cinquanta parole, ma cinquanta parole cosl ben scelte da poter esprimere tutto quello che si vuole con esse. Sarebbe piu facile da imparare Forse per quanto riguarda il vocabolario, ma per quanto riguarda l'uso del vocabolario per esprimere ciò che uno vuole dire, esso sarebbe cosi contorto che solamente i bambini più motivati e brillanti apprenderebbero a dire qualcosa piu di "ehi!". Questa e una situazione simile a quella del BASIC. Il suo vocabolario ridotto puo essere appreso abbastanza rapidamente, ma servirsene è una faccenda diversa. I programmi in BASIC prendono una forma così tortuosa che soltanto i bambini piu motivati e brillanti (quelli dalla "mente matematica"!) riescono ad usarli per qualcosa di più che semplici banalità. Ci si potrcbbe chiedere perchè gli insegnanti non notano le diflicoltà che hanno i loro allievi con il BASIC. La risposta e semplice: molti insegnanti non si aspettano da gran parte degli allievi un rendimento elevato, specialmente in un settore di attività considerato "matematico" e "formale" com'è la programmazione. Ecco che l'opinione generale che la matematica sia difficilmente accessibile rinforza il mantenimento del BASIC che, a sua volta, conferma questa opinione. Inoltre, gli insegnanti non sono i soli ad alimentare il perpetuarsi del BASIC con affermazioni e pregiudizi. Ci sono anche gli informatici che nel mondo dell'informatica prendono decisioni sul genere di linguaggio che i loro elaboratori parleranno. Questi specialisti, spesso ingegneri, trovano che il BASIC sia facile, in parte perchè hanno l'abitudine a simili sistemi tecnici e in parte perche il tipo di semplicità proposto dal BASIC si accorda col loro sistema di valori. Così una particolare sottocultura, dominata dagli ingegneri dell'informatica , sta influenzando il mondo della pedagogia a favore degli allievi che più corrispondono a questa sottocultura. Il processo è implicito, non intenzionale: non se n' è mai parlato pubblicamente, tanto meno e stato esaminato. ¶

Sotto tutti questi aspetti le implicazioni sociali del BASIC hanno conseguenze di gran lunga più gravi del trincerarsi dietro il QWERTY. Ci sono molti altri modi in cui le sottoculture lasciano il loro segno sull'uso dell'elaboratore a scuola. Per esempio, l'idea dell'elaboratore come una macchina per far fare esercizi piace agli insegnanti perche assomiglia ai loro metodi d'insegnamento tradizionali, ma anche agli ingegneri che progettano i sistemi di elaboratori: è un lavoro semplice, dai risultati sicuri, facile da descrivere, e che utilizza le risorse della macchina con efficienza. Ed e così che i migliori talenti dell'ingegneria si impegnano a realizzare dei sistemi di elaboratori viziati sul nascere dall'obiettivo di favorire questo tipo di applicazione. Il vizio opera in maniera sottile. Coloro i quali progettano queste macchine non decidono in realtà quello che sarà fatto in classe. Le decisioni spettano agli insegnanti, e talvolta vengono prese sulla scorta di sperimentazioni comparative accuratamente controllate. Ma c'e qualcosa di ironico in queste sperimentazioni. Esse rispondono benissimo all'obiettivo di rilevare se i piccoli effetti osservati nei migliori risultati sono reali o dovuti al caso. Ma in nessun modo possono misurare gli effetti senza dubbio effettivi (e probabilmente piu consistenti) dei vizi di origine delle macchine. ¶

Abbiamo gia notato che la pregiudiziale conservatrice che si sta creando nell'uso dell'elaboratore nel campo dell'educazio ne era stata incorporata allo stesso modo in altre nuove tecnologie. Quando una nuova tecnologia appare, è naturale servirsene per fare, in un modo leggermente diverso, quello che si era fatto prima senza di lei. Ci sono voluti degli anni prima che i disegnatori di automobili accettassero l'idea che quelle fossero automobili e non delle "carrozze senza cavallo", così come i prototipi dei film moderni erano delle opere teatrali rappresentate come se fossero state rivolte ad un pubblico presente, mentre in realta si svolgevano davanti a una cinepresa. Si e dovuto attendere tutta una generazione prima che l'arte del cinema si affermasse come tutt'altro che una semplice giustapposizione di teatro e fotografia. Fino ad oggi, tutto quello che e stato fatto sotto il nome di "tecnologia educativa" o di "elaboratore per l'istruzione" e rimasto allo stadio di una semplice giustapposizione di vecchi metodi di istruzione e di nuove tecnologie. In quest'opera tratterò delle esperienze su alcuni dei primi tentativi volti a ottenere una più organica interazione tra principi pedagogici fondamentali e nuovi metodi, per trasferirli nella realta.

Noi siamo a una svolta della storia dell'educazione. Un cambiamento radicale è possibile, e questo cambiamento è direttamente legato all'impatto con l'elaboratore. Quello che oggi viene offerto sul "mercaro" dell'educaziore e largamente determinato da quello che sembra accettabile a un sistema indolente e conservatore. Ma è qui che la presenza dell'elaboratore non tardera a creare le condizioni ravorevoli al cambiamento. Consideriamo in quali condizioni si potrebbe metere in pratica, oggi o nel prossimo futuro, un nuovo progetto pedagogico. Supponiamo che io abbia un idea per far apprendere la matematica ai bambini più in fretta e piu umanamente. E supponiamo che io sia riuscito a persuadere un milione di persone che la mia idea e buona. Per un qualsiasi altro prodotto un tale mercato garantirebbe successo. Eppure nel mondo dell'educazione dei nostri giorni questo non varrebbe un chiodo: un milione di persone disperse in tutta la nazione non rappresenterebbero che una minoranza nei sistemi scolastici di ogni città, cosicchè il milione di voci non avrebbe un canale efficace per farsi intendere. Ed e cosi che non soltanto delle buone idee pedagogiche restano negli scaffali, ma che lo stesso processo d'invenzione è bloccato. Questa inibizione dell'invenzione a sua volta influenza la selezione delle persone che si trovano coinvolte nel campo educativo. Pochissimi di coloro che avrebbero l'immaginazione, la creativita e il dinamismo necessari per innovare veramente vi entrano. Molti di quelli che vi sono entrari l'abbandonano per delusione. Nel mondo dell'educazione il conservatorismo e diventato un fenomeno sociale che si perpetua da solo.

Per fortuna, c'è un punto debole in questo circolo vizioso. Sempre più, in futuro, singoli individui possiederanno il loro elaboratore, per cui il potere di scegliere i modelli d'educazione ritornera gradualmente ad essi. L'educazione diverrà più che mai un affare privato, e chi avrà idee valide, idee alternative, idee stimolanti, non avrà da affrontare il solito dilemma: "vendere" le proprie idee ad una burocrazia conservatrice oppure accantonarle. Potrà offrirle in un mercato aperto direttamente ai consumatori. Si apriranno nuove vie per l'immaginazione e l'originalità. Potrebbe esserci una rinascita del pensiero pedagogico.

Seymour Papert, MIND STORMS, bambini, computers e creatività
© 1980 Basic Books, Inc., New York
© 1984 Emme Edizioni s.r.l. via S. Maurilio, 13 - Milano
Titolo originale: Mindstorms
Traduzione di Anita Vegni
Copertina di Sergio Prozzillo