Riporto, qui di seguito, un intervento dello studioso Luigi Catalano, dirigente alla Dirclassica (MIUR).

"La scuola italiana, nel corso degli ultimi vent'anni, è stata oggetto di serie riflessioni, tradotte poi in interventi legislativi volti ad adeguarla al passo dei tempi; con amarezza e obiettività dobbiamo però riconoscere che il più delle volte ha "perso il treno"... e non ha saputo cogliere in tempo e soprattutto in profondità la portata e il significato di alcuni cambiamenti. Per la scuola media, ad esempio, sono emblematici i Programmi del 1979, che ancor oggi, in molte realtà vengono disattesi, oppure la Legge 517 che indicava nella Programmazione lo strumento operativo del Collegio Docenti, dei Consigli di Classe, del singolo docente. In moltissime scuole essa è, a tutt'oggi, quella pratica burocratica necessaria per stare "in regola", aggiornata alla meglio anno dopo anno, che non ha nulla a che fare con la prassi gioirnaliera della scuola, non funziona da strumento orientante le scelte del docente o del Consiglio di classe, è lettera morta, e resta chiusa, ben custodita, in un cassetto. Eppure, allora era parsa come una rivoluzione: finalmente permetteva di abbandonare la logica del programma, della sterile trasmissione di una massa di contenuti.
E' lecito allora chiedersi se l'introduzione delle nuove tecnologie didattiche equivarrà a realizzare di per sè una "rivoluzione" nella scuola, o se anch'esse saranno assorbite insieme a tutti gli altri elementi senza essere "sale", fermento dell'insieme. Il rischio è reale, ed è dato da vari fattori, atteggiamenti, modalità attuative che intervengono in questo nuovo scenario"

Riflettiamo.

Maurizio.