Stefano Borgarelli Moderatore
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Prua
pavesata Pennac
Poco pescoso
periplo paventando, Pietrocola pagaia perplesso... prua
pavesata Pennac pare provvidenziale, però! presta
plaudenti pensieri, pro-Mette piratesca performance,
permetterà pesca più promettente.
Questo
tautogramma (v. in: A. Rossi, a c. di, DEEL, Zanichelli, 2002,
e i bellissimi esempi in U. Eco, a c. di, Povero Pinocchio,
Comix, 1995) riprende il saluto - ricco d'aria salmastra - di
Pietrocola (utente di questo forum) a Mette Buchreitz (Altro,
utente), il cui primo icastico messaggio coincide senza
residui con una citazione, scelta dal Pennac di "Come un
romanzo". Ne "Il paradiso degli orchi" - ancora Pennac -
rintraccio episodi/passaggi pertinenti al tema di questo forum
(v. presentazione). Capro espiatorio mercificato tra le merci
del Grande Magazzino, il protagonista/voce narrante,
Malaussène, si oggettiva. Denuncia la sua alienazione: "[...]
una volta di più ho parlato a me stesso come a un altro.
Pensava, De Muscoli, [un cliente incazzatissimo all'ufficio
reclami] di affrontare il Grande Magazzino, un Impero, [...] e
si era armato per lo scontro. [...] Ed ecco che s'imbatte in
un tipetto senza età (yourself Malaussène!) lo crede in punto
di morte, e si scioglie, povero diavolo, [...] per eccesso di
umanità." (p. 34, Feltrinelli, '92). Da personaggio a "tutto
tondo", in questo passaggio il protagonista è appiattito a
tipo (anzi: "tipetto"), dal punto di vista (in questo caso
ingannevole) dell'Altro (il cliente/consumatore, ingannato a
sua volta dalle apparenze). Malaussène non è vittima
soltanto dei reclami dei clienti, delle contumelie dei capi.
Lo è anche di un attentato al Grande Magazzino. Scoppiata nel
reparto giocattoli, una bomba lo ha reso quasi sordo. Nel bel
mezzo di un'assemblea intersindacale, alle 18.30 - nella sala
mensa dove "l'acustica coltello-latta-pyrex-cemento
dell'immenso salone non facilita le cose" - il nostro
personaggio, acusticamente isolato, guarda i colleghi di
lavoro con sguardo straniato (sullo straniamento nei testi
letterari, v./cfr. Sklovskij in: TODOROV 1968), ma insieme - e
curiosamente proprio grazie a questo modo di vedere -
familiarizzato con essi: "Non sento assolutamente più nulla,
ma vedo. Vedo schiene attente e nuche angosciate. E per la
prima volta mi rendo conto di conoscerle tutte queste schiene
e queste nuche di uomini e donne. [...] Posso dare un nome a
quasi tutte le mani che si alzano. Da cinque mesi arranco per
i corridoi del Grande Magazzino, mi sono entrate negli occhi.
Mi si sono installate dentro. Le conosco come conosco le circa
24.000 vignette degli albi di Tintin, e i loro 24.000 fumetti
[...]" (p. 61, ed. it. cit.). Come dire: ciò che è familiare
lo si ri-conosce, retrospettivamente, a condizione di
sapercene estraniare. Oltre che nel tempio delle merci (il
Grande Magazzino), Malaussène si muove anche nel quartiere di
Belleville, dove "una finestrella quadrata, una presa d'aria
per latrine o un lucernario sul pianerottolo tra il terzo e il
quarto piano di una facciata decrepita" fa da minareto per il
muezzin, che di lì leva la sua voce nel crepuscolo. La stessa
biografia del protagonista include consistenti tracce
interculturali: "Più di una volta Yasmina [la moglie di Amar,
ristoratore algerino del locale "Koutoubia"] mi è servita da
madre quando ero piccolo, mentre mia madre serviva altrove."
(p. 38, ed. it. cit.) Avrete capito insomma, che ce ne
sarebbe abbastanza per impiegare questo romanzo in classe
(biennio/triennio superiore, direi: a differenti livelli di
lettura), volendo assumere la prospettiva delineata nella
presentazione di questo forum (vedi). Sotto i buoni auspici
di Diana (fan di Pennac, evocata/invocata da Pietrocola),
cominci la caccia alle ipotesi di lavoro didattico da mettere
in Rete (o meglio, la pesca).
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