Fontecchio, venerdì 12 aprile 2019
Giorgio Pietrocola (Roma)
Esperienze particolari di propagazione della bellezza matematica attraverso il web

 

Dal Tartapelago , il relatore ha presentate alcune animazioni:        e la fiaba:, Il lungo e il corto:

In particolare, presentando l'animazione dei due triangoli aurei reciprocamente uno lo gnomone dell'altro, si è posta la seguente domanda per ora senza risposta:

Esiste un'altra coppia di figure con la stessa proprietà di reciprocità gnomonica?.

 

Segue il racconto di come un problema classico come quello dei polinomi per il calcolo delle somme di interi successivi abbia catturato in varie fasi della vita la mente del relatore fino a portare dei risultati interessanti che si stanno propagando attraverso il web.

 

                                     

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Polinomi per somme di potenze di interi successivi

 

 

 

La prima fase fu una semplice raccolta di dati. Scoprii attraverso esempi come questi, trovati in esercizi di libri di testo, che al crescere dell’esponente continuavano a esistere polinomi, capaci di dare i risultati di queste somme di potenze di interi successivi. Era la seconda metà degli anni ‘70, dopo che nella prima metà mi ero laureato, avevo fatto il militare e avevo iniziato a insegnare matematica nelle scuole medie superiori.

Incuriosito da quei polinomi che fornivano risultati di sommatorie, prima di approfondire l’argomento in letteratura, ignaro di una lunga storia, decisi di affrontare direttamente il problema mettendo in atto un’esplorazione matematica autonoma. Feci questo per passione ma anche, come facevo spesso, per esercitarmi in modo costruttivo sfruttando il divertimento naturale che l’apprendimento per scoperta procura. Convinto dai pochi casi particolari visti che doveva esistere, per ogni esponente intero positivo, un polinomio calcolante le somme degli interi successivi elevati a potenza, mi misi alla ricerca di questi polinomi per avere dati su cui riflettere. Ne trovai una decina prima di fermarmi, senza riuscire a scoprire una legge che permettesse di prevedere i risultati successivi, ogni volta più laboriosi da calcolare. Trovai questi polinomi in un modo non molto elegante, ma efficace. Usai  l’interpolazione lineare servendomi, come strumento di calcolo, di una delle prime macchine calcolatrici programmabili, la TI59, allora appena comparsa sul mercato, poco prima dell’avvento degli home computer. Programmata opportunamente la calcolatrice, di volta in volta, con rinnovata soddisfazione e piacere intellettuale, riuscivo a trovare un nuovo polinomio della serie. Cercavo di capire in che modo variassero quei coefficienti all’aumentare del grado del polinomio stesso. Cercavo di prevedere i successivi, ma mentre per alcuni coefficienti l’impresa era sin troppo facile, per altri la situazione continuava ad apparire sempre più caotica e proibitiva. Alla fine mi arresi ma conservai gelosamente i coefficienti trovati, sotto forma di matrice, su un quaderno di appunti.

Arrivato così a un punto morto approfondii sui testi che riuscii a trovare. Feci questo con molto interesse perché quando si è affrontato caparbiamente un problema, anche se con poca fortuna, le idee con cui lo stesso problema è stato brillantemente risolto da altri restano indelebili. Arrivai così a conoscere la formula di Faulhaber rivelata da Bernoulli che risolve il problema di determinare i coefficienti dei polinomi al crescere degli esponenti facendo riferimento ai cosiddetti numeri di Bernoulli, appositamente introdotti insieme con la formula agli inizi del diciottesimo secolo.  Non trovai però questo metodo, che per altri versi ammiravo, del tutto soddisfacente. Se è vero infatti che risolveva efficacemente il problema, è anche vero che i numeri introdotti, come i coefficienti che determinava, variavano, all’interno di certe regolarità, in modo altrettanto caotico anche se erano perfettamente determinati da ben precise relazioni ricorsive. Presto però, pago di quel che avevo appreso, accantonai il problema.
 

La seconda fase, risale ai primi anni 90, ed è caratterizzata da una scoperta abbastanza casuale. Mentre, usando il mio computer personale, preparavo su fogli di calcolo esercitazioni sulle proprietà delle matrici da far svolgere ai miei studenti in laboratorio, avendo non so bene come, quel vecchio quaderno a portata di mano, forse per un residuo di curiosità rimasto insoddisfatto, decisi, senza troppa convinzione,  di provare a invertire quella matrice di coefficienti, quasi tutti frazionari, che molto tempo prima mi ero costruito con cura. Grande fu la mia meraviglia quando, in un attimo, il foglio di calcolo mi fornì la matrice inversa richiesta, Rimasi estasiato dalla bellezza del risultato. Il caos che avevo cercato invano di dominare prevedendo quei coefficienti sfuggenti, era scomparso! Scomparse anche le frazioni rimanevano solo numeri interi.

Tutto era diventato facilmente prevedibile almeno per chi, come me, aveva familiarità con il triangolo di Tartaglia. Di diverso da questo famoso triangolo c’erano solo i segni che erano alternati e la mancanza dell’ultimo elemento di ogni riga. Cercai invano, nei testi che riuscii a consultare, tracce di quanto scoperto. Dopo non molto però, avendo poca voglia e poco tempo per effettuare ricerche più accurate  finii per dimenticare, o quasi, quella scoperta.
 

La terza fase iniziò quando nel 2007 andai in pensione. Fu allora che ripresi le mie ricerche cercando  in varie pubblicazioni almeno qualche traccia di quello che avevo scoperto anni prima. Da quel tempo era trascorso più di un decennio e Internet era ormai molto più potente e molta matematica era  stata messa in rete. Grazie ai motori di ricerca, e alla velocità di trasmissione raggiunta, cercare in rete era meno dispersivo, molto più agevole e produttivo. Però continuai a non trovare ciò che mi interessava. Decisi allora di mettere per iscritto la mia scoperta e le sue connessioni come la formula che permette di esprimere, mediante matrice, i numeri di Bernoulli. Formula anch’essa mai trovata in circolazione. Mi resi conto che per fare questo avrei dovuto dimostrare in modo rigoroso i miei risultati come ancora non avevo mai fatto. Nonostante qualche timore, mi  misi alla prova e alla fine riuscii nell’intento. Decisi così, nel 2008, di pubblicare i miei teoremi con la loro storia in un sito didattico, Maecla. Fatto quanto mi ero proposto, per un altro decennio cessai di occuparmi della questione.
 

Nel marzo del 2017 ha inizio  la quarta fase che dura tuttora. Dimenticati completamente quei teoremi pubblicati, decisi di rileggere ciò che avevo scritto dieci anni prima. Faticai un po’ a capire. Questo perché, per potermi esprimere adeguatamente, avevo premesso molte definizioni che poi però non era facilissimo tenere a mente per seguire il ragionamento dimostrativo. Decisi allora di riscrivere tutto in modo più accessibile. Contemporaneamente cominciai anche a sviluppare le conseguenze delle mie scoperte e a farne di nuove. Normalmente i numeri di Bernoulli vengono definiti per via analitica partendo dagli sviluppi in serie della funzione generatrice, io invece li ho definiti partendo dalle matrici dei coefficienti polinomiali. Alcune proprietà, come la formula ricorsiva per la generazione dei numeri bernoulliani, erano immediate conseguenze mentre altre, come la dimostrazione dell’annullarsi alternato di quegli stessi numeri,  sono state più complicate da dimostrare. La maggior difficoltà è stata incontrata, però, nella dimostrazione della formula detta di Faulhaber, rivelata da Bernoulli ma dimostrata più di un secolo dopo, per via analitica, da Jacobi. Strada facendo ho avuto il piacere di scoprire molte altre cose che ho riportato e organizzato in un “trattatello” pubblicato nel mio sito. Desiderando far conoscere i miei risultati a un pubblico più vasto di quello che poteva frequentare Maecla, decisi di tradurre alcune mie dimostrazioni in inglese in modo da poter allargare anche la possibilità di riuscire ad avere informazioni su eventuali ricerche altrui. Oltre a pubblicare su www.pietrocola.eu ,  pubblicai alcuni dei miei risultati sulla wikipedia in lingua inglese citando come fonte il mio stesso sito.  Il sistema ha funzionato perché i testi furono accettati dai wikipediani e in seguito fui contattato da un inglese, Nigel Derby, che aveva letto i miei teoremi e li aveva citati più volte in un suo articolo che è stato pubblicato proprio in questi giorni su Mathematical Gazette .

Nell’approfondire il problema ho anche finalmente scoperto chi mi aveva preceduto in quella sorprendente scoperta fatta nei primi anni ‘90. Si tratta del biologo matematico A.W.F Edwards che negli anni ‘80 scrisse due brevi articoli non ancora disponibili in rete.

Non sviluppò però le conseguenze di quella scoperta come ho fatto io e tuttora non so se qualche altro lo abbia fatto prima di me. C’è una grande quantità di pubblicazioni sull’argomento e, da quel che ho potuto capire,  mi pare che sia difficile, anche per matematici non dilettanti, trovare risposta a questa questione.

I miei studi mi hanno portato anche ad approfondire l’operato di Ada Lovelace e, in particolare, il suo primo algoritmo informatico generatore di numeri di Bernoulli che avrebbe dovuto collaudare la macchina di Babbage. Fortunatamente era disponibile in rete la sua nota G alla traduzione di Notions sur la machine analytique de Charles Babbage”.

      Incuriosito dall’algoritmo utilizzato, che come mostrava Ada stessa era dedotto per via analitica, cercai lumi su internet in varie lingue ma rimasi deluso. Sulla wikipedia italiana trovai “bruttezza matematica” con errori grossolani  pubblicati da molti anni e mi accorsi che da tale fonte errata avevano attinto molti siti e persino una tesi universitaria anche lei visibile in rete. Riscrissi da capo la voce che era senza fonti ma non era stata cancellata come in genere avviene in questi casi, ma nulla potei con gli altri siti che avevano copiato quegli errori e che fanno ancora mostra di sé in rete. Pubblicai un articolo sull’argomento in Maecla mostrando che quell’ algoritmo, corrispondente a una formula oggi scomparsa dalla letteratura sull’argomento, altro non era che la comune formula ricorsiva per i numeri di Bernoulli se solo si teneva presente quali all’epoca fossero tali numeri. Poco dopo scrissi con intento divulgativo anche un fantasioso dialogo tra la vecchia formula e un editore...